Il castello dei conti di modica
Sull'ampia Piazza della Repubblica e i suoi giardini, prospetta il magnifico Castello di Alcamo, conosciuto anche come Castello dei Conti di Modica. È accertato dai documenti storici che il Castello fu costruito intorno al 1350 sotto i feudatari Enrico e Federico Chiaramonte, successori del Peralta nella signoria di Alcamo.
Sorge, quindi, il castello in pieno feudalesimo, quando i baroni sono in lotta tra di loro per la carenza del potere regio e non solo. Le potenti famiglie siciliane, infatti, si contendono anche il controllo del frumento e delle grandi vie del trasporto granario, essendo sempre stata la Sicilia, per sua vocazione, una grande "azienda" agricola specializzata nella granocoltura.
Alcamo, per la sua privilegiata posizione geografica, veniva ad essere lo scalo marittimo naturale per tutto il commercio di quel grano che si produceva alle spalle della terra alcamese e così, in epoca normanna, entra a far parte di un grande feudo del quale sono investite le famiglie dei Peralta, dei Chiaramonte, dei Ventimiglia e dei Cabrera, Conti di Modica.
Da qui l’esigenza di costruire un castello, che insieme al Castello di Salemi e a quello di Calatafimi, costituì un triangolo fortificato contro le invasioni provenienti da Mazara e dirette verso Palermo. La necessità di costruire un castello prima non era stata avvertita, essendo Alcamo un semplice “casale”, cosi come viene definita almeno fino al 1317. Il “casale” di Alcamo allora sorgeva nel borgo di S. Vito. Dovranno passare decenni prima che l’abitato possa allargarsi anche per il ritorno degli alcamesi dal Bonifato, luogo dove Alcamo sorge come casale arabo.
Una volta che gli abitanti formavano un nucleo consistente e dal momento che strategicamente la terra di Alcamo si prestava per la difesa, i Chiaramonte, potenti feudatari, sentirono il bisogno di crearsi il castello come fortezza-difesa, oltre che come lussuosa dimora. Per questo i castelli, pur variando nella forma esterna, avevano sempre un denominatore comune: apparire minacciosi, inaccessibili, ostili, ma all’interno rimanere un luogo di tranquillità e di sicurezza.
Nel 1400 erano addetti alla custodia del Castello, oltre al Castellano, dodici onorati compagni, impegnati con giuramento. Il Castello era allora di tale capacità che, rifornito di munizioni e di viveri, poteva sostenere per un mese e mezzo ben trenta compagnie di soldati. Inizialmente gli alcamesi videro nel Castello chiaramontano il baluardo della loro difesa e il simbolo di accresciuto prestigio, ma ben presto si accorsero che esso rappresentava anche il simbolo della loro perduta libertà. Per cinque secoli, infatti, quasi ininterrottamente, sperimentarono la prepotenza dei vari possessori del Castello.
Per questo nel tempo, il Castello fu spesso assalito anche dagli stessi alcamesi per protestare contro gli esosi signori (per es. nel 1392, capeggiati dall’arciprete Pietro De Laudes, gli alcamesi insorsero contro Enrico Ventimiglia e nel 1402 contro Donna Violante De Prades, signora di Alcamo). Nel 1802 morì, senza lasciare eredi, Maria Teresa de Sylva, ultima contessa di Modica, e Alcamo passò sotto la sovranità dei Borboni. Nel 1816, il Castello, per debiti privati, fu venduto all’incanto e passò agli Stuart. Nel 1828, per una sentenza del Tribunale Civile di Trapani, ne venne in possesso il Comune di Alcamo.
Pur rimanendo maestoso per la sua mole architettonica, il Castello nel tempo apparì sempre più grigio, come le sue pietre, per via degli usi impropri a cui fu sottoposto e in seguito sembrò ancora più triste, essendo divenuto dimora esclusiva dei carcerati.
L’imperatore entrò in Alcamo il 1 settembre 1535 e si fermò 2 giorni presso il Castello dei Conti di Modica. Carlo V definì Alcamo “città opulenta e gioconda“. Erano allora signori di Alcamo Don Luigi I Enriquez de Aragona e Donna Anna Il Caprera Moncada (sotto questi conti, Alcamo quasi non sente il peso dei feudatari, essendo essi molto pii e generosissimi).
Il loro ritratto rimane in un dipinto esistente nella Chiesa di S. Maria di Gesù dei Frati Minori. Il ritratto, attribuito al palermitano Pietro Ruzzolone, mostra seduta in trono la Vergine col Bambino tra i due fondatori di ordini Religiosi, S. Francesco d’Assisi e S. Benedetto da Norcia; in ginocchio dal lato di S. Francesco vi é il conte Luigi con alcuni/cavalieri in un lussuoso mantello rosso; dall’altro lato si trova Anna Caprera con un gruppo di nobildonne, anch’ella inginocchiata a mani giunte in principesca veste di colore verde. I locali del piano terra comprendevano una cappella, le stanze del cappellano e dei servi e una cella di isolamento, mentre al primo piano si trovavano un salone per ricevimenti con annessa anticamera, lo studio del conte, le camere da letto con relativo corridoio e un’altra cella di isolamento.
In passato era cinto da mura che avevano lo scopo di ostacolare l’assedio del castello da parte di macchine da guerra.
Originariamente era dotato di tre porte, disposte sui lati sud, ovest e nord. Ciascuna porta si apriva su una piazza: la piazza a sud era utilizzata come capitaneria delle milizie urbane a piedi e a cavallo; la piazza a ovest era chiamata “cittadella”; la terza piazza era invece situata a nord.
Secondo un’ipotesi ancora da confermare, sotto il castello inoltre si troverebbero delle fosse carcerarie utilizzate tra la fine del XIV secolo e il XVIII secolo per la reclusione dei re.
All’esterno del Castello si possono ammirare bifore e trifore di derivazione gotico-catalana. Il prospetto Nord fu ingentilito da due finestre ad arco acuto con rosone sormontate da un grande arco ogivale. Nel prospetto principale fu aperta una finestra bifora con colonnina marmorea bianca. La facciata Ovest risulta essere inglobata in corpi edilizi residenziali. Tutti gli ambienti interni, nel tempo, sono stati manomessi per via degli usi diversi a cui il Castello è stato adibito: carcere, stalla, uffici comunali. Il pavimento è in pietra, in graniglia di marmo e in battuto di cemento.
Dopo i precedenti restauri (1583, 1594, 1589, 1870), il castello è stato ampiamente restaurato nel decennio 2000-2010 (architetti: Paolo Marconi, Gaetano Cataldo e Giuseppe Saporito) ed oggi il castello è sede museale, vanto della comunità locale. All’interno del castello infatti trovano sede il Museo Etnografico e l’Enoteca Storica Regionale, che permettono definitivamente, alle vecchie e nuove generazioni, di riappropriarsi e di godere di un magnifico bene castellano.